“Quando le mani parlano…”

Il gioco della sabbia è una forma di terapia creativa che utilizza l’immaginazione ed è adatta a bambini, adolescenti e in alcuni casi anche ad adulti o anziani. Giocando con la sabbia l’immagine interiore può essere trasformata dalle mani in un’immagine esterna e concreta, che non solo diventa visibile ma anche tangibile. Il gioco della sabbia diventa uno strumento di mediazione “interno-esterno” con cui i pazienti riescono ad esprimere le proprie emozioni e facilita la verbalizzazione della propria esperienza individuale in uno “spazio libero e protetto”. Il gioco della sabbia consente attraverso la creatività e il gioco di accedere al processo psicoterapeutico.
Il gioco della sabbia, come strumento psicoterapeutico, può essere utilizzato ad esempio nella cura dei disturbi del comportamento alimentare. Questa tecnica è vista come un facilitatore delle parole. Offrendo uno strumento di gioco, lo psicoterapeuta consente ai pazienti di “fare” piuttosto che “dire”, soprattutto quando le parole non bastano per esprimere adeguatamente il proprio problema e la propria sofferenza. C.G. Jung ci spiega che “l’individuazione non ha altro scopo che liberare il Sé da un lato, dai falsi involucri della Persona e dall’altro, dalla forza suggestiva delle immagini inconsce”
Il fatto di accompagnare le parole con le immagini aiuta il paziente a trovare il loro significato di quelle parole. La sabbia, infatti, è un materiale modellabile che può assumere molte forme (secca, bagnata, liquida) e che consente l’accesso alla creatività. L’ambientazione è strutturata, lo spazio fisico della scatola definisce il tempo e lo spazio. I pazienti possono usare la loro creatività per esprimersi, per provare il piacere di fare e giocare con le mani. “Le mani troveranno la chiave del mistero su cui la ragione si è ancorata invano”.

Sandbox

SETTING TERAPEUTICO

La terapia del gioco con la sabbia si può svolgere a livello individuale o in gruppo. Al centro della stanza ci sono due scatole: una di sabbia asciutta, di consistenza morbida e delicata, l’altra di sabbia bagnata, quella umida viene spesso definita dai pazienti “la scatola del caos”. Ci sono poi dei personaggi, fogli di carta, matite colorate e plastilina, che possono prendere vita nelle mani dei pazienti, trasformandosi in composizioni, raffigurazioni o scene di vita significative per il paziente che le crea.
Nelle sedute individuali, la consegna è: “prova a raccontarti in una maniera diversa”. Dopo aver completato il suo lavoro con la sabbia, con l’aiuto dello psicoterapeuta, il paziente si propone di esplorare la sua creazione. La condivisione del contenuto psichico è supportata dall’immagine e facilita il processo psicoterapeutico. “Dando vita all’immagine si innesca spontaneamente un processo psichico che ha una potenzialità terapeutica”

In un gruppo, la consegna è diversa: “Stare insieme. Il gruppo si incontra e si racconta”.

Da soli, in coppia o in gruppo, i pazienti utilizzano i personaggi e la sabbia per mettere in scena un’emozione, un’angoscia, un desiderio, un sogno, un progetto, un sentimento o un’esperienza personale. Ogni scena si collega a quella degli altri e così nasce una storia. La creazione rende possibile la verbalizzazione e insieme, psicoterapeuta e pazienti esplorano i propri vissuti, che sono stati messi in una storia comune dove ognuno ha potuto esprimere le proprie esperienze e sperimentare i propri sentimenti in risonanza con il gruppo. Questa storia costruita insieme può parlare a tutti e dà la possibilità a ciascuno di interrogarsi su se stesso, sul proprio percorso di vita, sulle proprie scelte. Tra i componenti del gruppo ci sono i “motivati”, quelli “titubanti” e gli “avversari”. Molti pazienti prendono in mano la situazione, altri non creano ma possono essere molto attivi verbalmente durante l’esplorazione. È in quel momento che si incontrano, esplorando le loro creazioni. Una giovane donna, ad esempio, può immaginare di essere una bambina rinchiusa con del cibo. Durante la seduta di gruppo, gli altri pazienti pensano che se lei accetta di essere aiutata, sarà in grado di aprire le barriere e di sentirsi meno sola. Insieme, la aiutano a smantellare i muri, le transenne e ridurre così il potere che il cibo sembra esercitare su di lei.

REFERENTE

Barbara De Marchi Psicologa

Barbara De Marchi

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